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Divina Commedia - Paradiso - Canto XXX - Riassunto

Testo Integrale Riassunto Introduzione Critica Parafrasi

Scomparsi alla vista dei due pellegrini celesti il punto luminoso e i nove cerchi angelici ruotanti intorno ad esso, il Poeta si volge di nuovo a guardare Beatrice: la bellezza della sua donna è tale che egli si sente incapace di descriverla. Riprendendo a parlare, Beatrice rivela al discepolo che essi non si trovano più nel Primo Mobile, l’ultimo dei cieli fisici, ma sono ascesi all’Empireo. Nella decima sfera ha la sua sede Dio e godono l’eterna beatitudine le due "milizie" del cielo, quella degli angeli e quella dei beati, questi ultimi con lo stesso aspetto che avranno nel giorno del Giudizio Universale, allorché ciascuno riprenderà il proprio corpo. Dopo essere rimasto abbagliato dallo splendore dell’Empireo, il Poeta, riacquistando la vista, si accorge che i suoli occhi sono diventati capaci di sopportare anche la luce più fulgida. Dapprima Dante osserva un fiume di luce che scorre tra due rive fiorite. Dal fiume escono innumerevoli faville che, dopo essersi posate sui fiori, ritornano nel miro gurge dal quale erano uscite. Questa visione - spiega Beatrice - è solo un "umbrifero prefazio" di ciò che è realmente e che Dante, per le sue deboli capacità umane, non può ancora cogliere nella sua integrità. Allorché il suo sguardo ha preso nuovo vigore, il Poeta vede che quel fiume di luce ha assunto una forma circolare e che i fiori non erano altro che i locati e le faville gli angeli. La visione diventa sempre più chiara: l’Empireo ha la forma di un grande anfiteatro, i cui seggi sono occupati dai santi. Su un seggio vuoto Dante scorge una corona: quello - commenta Beatrice - è il posto riservato ad Arrigo VII, l’imperatore che tenterà, inutilmente, di porre termine alle lotte politiche che tormentano l’Italia, e che troverà nel pontefice Clemente V il suo più fiero avversario.
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